UNCIELO – FRANCESCO ARENA

UNCIELO – FRANCESCO ARENA

Luogo: Parco Millegocce – Alfonsine

Anno: 2021

Francesco Arena per Terrena – Land Art in Bassa Romagna sulle tracce di Dante

A cura di Giuseppe Capparelli

Direzione artistica Carlo Palmisano

DOVE INIZIA IL CIELO

Dell’uom, che varca pellegrino errante
Questa valle d’esilio e di sciagura,

Vuoi tu, diva Bellezza, un risonante
Udir inno di lode, e nel mio petto
Un raggio tramandar del tuo sembiante?

La bellezza dell’Universo, Vincenzo Monti, 1797

La scultura UNCIELO prodotta dall’artista Francesco Arena per la terza edizione di Terrena Land Art – Sulle tracce di Dante e collocata nel Parco Millegocce del Comune di Alfonsine, è il risultato della riflessione che l’artista ha compiuto sui rapporti spaziali propri del luogo e sulla tradizione poetica che caratterizza questa cittadina della Bassa Romagna.

Alfonsine è il paese natale del poeta Vincenzo Monti, soprannominato anche il Dante ingentilito per l’uso delle terzine dantesche e per lo stile utilizzato nell’opera In morte di Ugo Bassville.Monti fu uno dei massimi esponenti del Neoclassicismo italiano e fra le sue opere è da ricordare la nota traduzione dell’Iliade. Seguendo un apparente fil rouge di matrice quasi archeologica, che parte quindi da Omero e procede attraverso Virgilio per culminare in Dante, si vuole porre l’accento sulla singolarità di Alfonsine come località poetica.
Come dichiara Arena: “UNCIELO consiste in un blocco di un metro cubo di argilla sulla cui faccia superiore sono profondamente incise le parole UNCIELO senza spazio tra le due a formare un’unica parola. Il blocco è installato in aperta campagna lasciato a contatto con gli eventi atmosferici che lo consumeranno riportando l’argilla di cui è composto alla sua naturale origine di terra e il cielo a cui allude, un altro che si aggiunge a quelli immaginati da Dante nel suo Paradiso, a disperdersi nel vento e nella pioggia”.
Un pezzo di cielo caduto sulla terra, che data la sua fragilità decade dal suo stato di grazia e di trascendenza, si combina senza opporre resistenza all’immanente. Un cielo ‘altro’ alla portata dell’uomo che diviene simbolo di trasformazione e rigenerazione.
A differenza delle altre due cantiche il Paradiso dantesco è la rappresentazione più astratta di tutta la Commedia; da un punto di vista astronomico non ha corrispondenze e la sua conformazione è totalmente frutto dell’immaginazione di Dante. I nove cieli non hanno un riscontro nella realtà e l’idea del raggiungimento dell’Empireo dove risiede Dio è il culmine del viaggio dantesco, degli stati d’animo dell’autore e della ricerca di una descrizione a qualcosa di indescrivibile e indicibile.

La condizione del viaggio dantesco non è solo fisica e naturale ma anche metafisica e simbolica. Il suo è un viaggio in verticale verso il cielo e alla base del viaggio risiede una concezione cosmologica di matrice tolemaica e antropocentrica: la terra è una sfera immobile al centro dell’universo e l’uomo è elemento centrale di tutta la storia dell’universo. Francesco Arena riassume e concentra tutte queste suggestioni nell’opera UNCIELO. Il cielo e la terra sono due piani sui quali ci muoviamo e l’artista si chiede: “Dove inizia il cielo?”.

Se si considerano le teorie del fisico ungherese Theodore von Kármán. Il cielo è convenzionalmente collocato a cento chilometri sul livello del mare: la cosiddetta Linea Kármán.
Per Arena tutto ciò che è sopra la terra è già cielo. Tutto lo spazio che è sulla terra è già o comunque cielo. La sua scultura, un cubo di argilla, rappresenta un punto di collegamento dei due piani. Sopra la terra inizia il cielo. Il cubo diviene così la reificazione del cielo: è uno spazio ‘altro’ lasciato fuori sulla terra.
Attraverso un gioco di pieni e vuoti, di resistenze e consunzioni si delinea la poetica dell’artista. L’opera è oggi e domani, nella sua evoluzione e nel suo cambiamento. Questa scultura sarà consumata da ciò che dal cielo si irradia: il vento, la pioggia e il sole. Tale lavoro può considerarsi come una sorta di esperimento per capire la durata del consumo dell’opera dove il processo ha più pregnanza dell’opera in sé.La durata e la misurazione sono alcune delle caratteristiche della cifra stilistica di Arena, che già dai suoi primissimi lavori misura lo spazio fisico e proietta se stesso all’interno di essi. Arena fonde nella sua ricerca artistica le suggestioni delle correnti di Arte Concettuale, Arte Astratta, Arte Povera e Minimal Art. Reinterpreta alcuni di questi stilemi in chiave personale e autobiografica: in molte sue sculture il punto di riferimento è la sua altezza, il punto di altezza del suo sguardo, la lunghezza della sua barba, di un balcone, di un libro, delle ceneri dei suoi sigari.
Il cubo installato en plen air ci rimanda alla nota scultura Socle du monde realizzata in bronzo da Piero Manzoni nel 1961 e collocata nella fabbrica di Angli a Hering in Danimarca. La base del mondo rientra nella serie di basi magiche prodotte da Manzoni che attraverso una operazione di posizionamento sopra di esso fa avvenire la trasformazione in opera d’arte. L’artista-mago compie un’operazione di narcisismo estetico. La base del mondo è capovolta affinché il pianeta al di sotto di essa si trasformi nella più grande opera d’arte mai realizzata. Questa scultura è stato l’oggetto di reinterpretazione di altri artisti contemporanei, fra le altre, sono degne di nota la performance dell’artista brasiliano Cildo Meireles del 2007 e il lavoro fotografico di Spencer Tunick del 2016.Come Arena anche l’artista messicano Bosco Sodi utilizza l’argilla cruda per la realizzazione dei suoi Clay cubes, in questi lavori la potenza emotiva è direttamente connessa alla semplicità dei materiali utilizzati. D’altro canto, l’atto creativo di Arena è interessato dall’utilizzo del cubo, o meglio, del metro cubo inteso come elemento base dell’architettura. Arena riflette sul valore e sul simbolismo dei numeri ed è affascinato da essi: storicamente l’uomo ha inventato i numeri prima delle lettere sulla base comune di un’idea astratta.
Un’invenzione dell’uomo per l’uomo. Del resto, il rapporto con i numeri e le proporzioni è stata materia di ricerca artistica già dall’antichità: dall’invenzione della sezione aurea di Vitruvio, all’uso che di essa ne fa Piero della Francesca nella composizione delle sue opere; alla sequenza di Fibonacci, che è parte delle opere di Giacoma Balla e Mario Merz.
L’uomo ha creato un mondo immaginario con il quale ha dato ordine al mondo reale. Ha creato una serie di convenzioni per regolamentare la propria esistenza. Arena tenta di rompere questo schema a griglia invitandoci a distinguere il vero dal falso per svelare l’equilibrio labile che governa la nostra società.
Ora tocca a noi riuscire a misurare UNCIELO.

Francesco Arena nasce nel 1978 a Torre Santa Susanna in provincia di Brindisi, diplomato all‘Accademia di Belle arti di Lecce nel 2001. Scultore, nella sua ricerca artistica sono evidenti i codici espressivi che hanno caratterizzato i movimenti della minimal art e dell’arte povera a partire dagli anni Sessanta del Novecento, intrisi da una forte componente autobiografica e geometrico-strutturale. Il suo processo lavorativo è basato sulla storia italiana degli ultimi anni, indagata e studiata attraverso documenti e compiendo ricerche precise, ma soprattutto prende avvio da una salda impostazione politica familiare e personale. Partecipa a diverse mostre collettive sia in Italia e in Europa ed espone le sue opere in mostre personali fra Milano, Napoli, Roma e anche a Londra e Barcellona.

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